C'era una volta un Mago cattivo, molto cattivo, che abitava
da solo in un grande castello.
Odiava la gente e soprattutto i bambini,
e voleva che tutti fossero tristi.
Non rideva mai, e se una volta aveva sorriso, non lo poteva
più ricordare.
E un giorno pensò:
La gente sarebbe veramente infelice, se potessi rubare
i colori del mondo! Devo avere una formula magica,
che li chiuda tutti dentro al mio sacco:
sparirà così il sorriso ai bambini,
e a chi vive fuori da questo castello!
Chiuse porte e finestre, prese i libri più brutti
e noiosi che aveva, e scelse le frasi peggiori,
per fare il discorso più orrendo mai udito.
E una notte, di freddo e di vento, senza luna né ombre,
il Mago cattivo le scrisse su un foglio tinto di nero,
e si avvicinò a una finestra mai aperta.
E con la sua voce terribile e buia,
le disse a una notte che mai si era vista,
che nessun uccello avrebbe volato,
che nemmeno una strega sarebbe uscita,
che nessun maleficio avrebbe sfidato.
E il Mago disse quelle parole, aprendo il suo sacco di tenebra:
“Aba...abadar camaras adondor...”, disse il Mago, con la voce più
forte del vento....”Aba...abadar camaras adondor...”
E, piano piano, portati dal suono delle parole,
arrivarono tristi i colori del mondo.
L'Arancione e il Marrone.
Il Giallo del grano.
Il Blu del cielo.
Il Viola dei fiori e il Rosso del sole al tramonto:
entrarono tutti nel sacco del Mago.
E un attimo prima di sorgere, il sole stesso fermò la sua aurora, per guardare atterrito quel mondo, che lui riempiva di luce accendendo sfumature e colori, e che adesso sembrava un deserto di ghiaccio. E tutto era bianco o era nero, non c'era nemmeno più il grigio. La gente era triste e non riusciva a capire che cosa fosse successo.
Chi aveva rubato i colori del mondo?
Chi aveva rubato il tramonto, l'alba, la gioia dei fiori, il frumento?
Il cielo era piatto, le nuvole un segno, e il mare era nero come la pece.
La spiaggia era bianca come la panna, e i visi dei popoli sembravano uguali:
i neri erano ancora più neri, e i bianchi più trasparenti.
I cinesi erano quelli che si vedevano meglio, per la forma degli occhi.
E tutti pensarono che non c'era più niente da fare: che era un destino, che erano peggio altre cose. E la gente continuò a lavorare, a lamentarsi ogni tanto che il mondo era più triste, ma che in fondo si poteva vivere anche così.
Nessuno sembrava avere più la speranza di riavere i colori, e anche i pittori, che avevano fame, iniziarono a dipingere solo col nero e col bianco. Quasi tutti dicevano che la vita era diventata più brutta, ma pochi volevano davvero riavere i colori del mondo:
quelli del cielo e delle giornate più belle, dei prati e dei giochi;
quelli dell'acqua, del caldo e della merenda.
E un pomeriggio che nemmeno gli odori sembravano avere più senso, alcuni bambini della città parlavano insieme, e si chiedevano come era potuto succedere, che non ci fossero più i colori del mondo.
“E’ stata una strega!”. “E’ stato uno scienziato pazzo!”
“Secondo me i colori erano stanchi di sorridere per gente triste! Io penso che siano andati in vacanza: e ora sono tutti sotto l'ombrellone che bevono un'aranciata, e dicono che tornano solo se qualcuno li paga!”
“Allora sono colori permalosi! Propongo di mettere un annuncio sul giornale, per cercare dei colori più pazienti! In fondo la gente lavora!”
Era una discussione molto agitata e tutti volevano avere ragione. Nessuno sapeva, però, dove erano andati a finire i colori del mondo.
“Sottoterra! In miniera!” “Sulla luna!” “Sull'autobus!”
“Avevano fame, sono al ristorante!” E tutti cercarono al ristorante, all'alimentari, dal fornaio, ma nessuno sapeva niente: “Signor droghiere, avete visto passare per caso dei colori, tutti insieme o uno per volta?” “No!”
“Signora pasticciera, avete visto il Viola?” “Macché! Non si è visto nemmeno il postino!”
“E il Verde?” “Quello non lo vedo da dieci anni!”
“Andiamo al semaforo, là qualcuno sarà rimasto, almeno per il traffico!”
Niente da fare: non erano neanche lì. “Questi colori non hanno proprio pietà! Guarda che macello c'è all'incrocio!”.
Intanto era piovuto, e neanche l'arcobaleno aveva i colori.
“Guardate! L'arcobaleno sembra una stoffa per il vestito di un galeotto!” Adesso i bambini erano di nuovo molto tristi: qualcuno aveva veramente rubato i colori del mondo, che non potevano essere stati così cattivi da andarsene senza lasciare nemmeno un indirizzo per una cartolina.
I bambini si chiesero: “Ma chi sarà stato veramente, e perché?”
“E come fare per riavere i colori del mondo?”
“Compriamoli!” “Affittiamoli!” “Costruiamoli!”
“Prendiamoli alla banca! Quelli hanno sempre tutto!” I bambini andarono alla banca, dove, a dire la verità, niente sembrava essere cambiato: “Signor banchiere, avete dei soldi per riprendere i colori del mondo?”
“No! Possiamo darvi dei soldi per comprare una grande casa con un parco dove
giocare, ma non possiamo darvi niente per riprendere i colori del mondo!
E poi con che cosa avreste intenzione di pagare?”
“CARAMELLE!”, risposero tutti insieme i bambini, mostrando al banchiere tutte le caramelle che si erano fatti dare dalle mamme, dai parenti, dagli zii, chiedendo anche anticipi dai regali di natale. Il banchiere inorridì:
“Caramelle ?!?!?! USCITE IMMEDIATAMENTE FUORI DI QUI!” Il banchiere era diventato di un nero che non si era visto mai nemmeno in una grotta.
“Lei é un avaraccio!”, risposero i bambini, facendogli delle grandi pernacchie!
Poi uscirono dalla banca e si misero a sedere molto tristi mangiando le loro caramelle bianche e nere. “Veramente non c'é niente da fare! Nemmeno la banca ha i soldi per comprare i colori del mondo! Dobbiamo fare qualcosa!”
“Chi ci potrebbe aiutare?”
“Io lo so!”, disse un bambino. E tutti gli altri: “Parla, dicci chi è!”
“La fata della luce!”, disse Riccardo. “La conosco anch'io!”, disse Eleonora.
“E chi é la fata della luce?”, chiesero gli altri bambini incuriositi.
“E’ una fata che abita vicino a un lago. Non é molto lontano dalla città!”
“E chi ci dice che lei ci può aiutare? Nemmeno alla banca potevano fare
niente, perché una fata potrebbe?”
“Ma come! La fata della luce che cosa fa tutto il giorno senza colori? Si deve annoiare a morte! Su che cosa manda la luce, se tutto é bianco e nero? Non c'é nemmeno il grigio! Io propongo di andare a trovarla!”
“Si, si può tentare, ma chi é che va a fare il viaggio? E poi nessuno di noi ha soldi!”
“Possiamo andare io e Eleonora!”, disse Riccardo. “Ma siete a piedi e dovete camminare molto! E se vi viene fame?” “Ho un'idea! Dite alle vostre mamme che andiamo a fare una gita con la scuola, al museo descritto sul libro, e che vi devono fare una grande merenda!”, disse Eleonora. “E se ci chiedono qualcosa del museo?”, disse un bambino che aveva già paura della risposta. “Ve lo dovete studiare, così saprete che cosa rispondere!”
I bambini tornarono tristi.
“Oppure non rivolete più i colori del mondo? Scegliete voi!”
Ci fu un attimo di silenzio: “E va bene!”, risposero i bambini. “Ma solo perché dovete riprendere i colori!”
“Allora é per domani alle 8!”, disse Riccardo.
Il giorno dopo alle 8 erano tutti puntuali con così tanti panini e bibite, che tutte insieme non sarebbero entrate in un carro. “Che cosa facciamo con questa roba? Se la mangiamo tutta diventiamo grassi come mongolfiere!”, disse Giacomino, che proprio ino non era.
“Stai zitto! Tu sei già una mongolfiera!”, gli rispose Giovanni. “Tutta invidia la tua, sei la prima acciuga parlante che conosco!” “Adesso basta!”, disse Riccardo. ”E’ inutile che litighiamo! Pensiamo piuttosto che cosa fare di queste cose da mangiare!”
“Ho un'idea!”, disse Robertino. “Vendiamo i panini e le cose da bere davanti alla scuola, per un prezzo molto basso, a meno di quelli che fa l'uomo che viene con le focacce alle 11! Così avremo i soldi per mandare Eleonora e Riccardo con il Taxi!”
“Bellissima idea, ma nessuno deve sapere che cosa facciamo con i soldi, deve rimanere un segreto!”
I bambini andarono davanti alla scuola, e vendettero tutti i panini e le cose da bere, cosicché a chi entrava pesava più la colazione dei libri. Alla fine c'erano soldi abbastanza per comprare un autobus.
“E adesso chi non va dalla fata della luce che cosa fa?”, disse lo stesso bambino che aveva fatto la domanda sul museo. “E’ ovvio che chi non viene va a scuola, per non dare sospetti!”, rispose Riccardo.
Tutti erano veramente tristissimi di non partecipare all'avventura. “State allegri! Appena torniamo vi diremo tutto!”, disse Eleonora, e insieme a Riccardo s'incamminò verso la fine della città.
Riccardo ed Eleonora erano già in campagna, e iniziavano ad essere stanchi.
“Ma come si fa a chiamare un taxi?”, chiese Eleonora. “Con il telefono!”
“Ma qui non c'é nessun telefono!” “E’ vero, dobbiamo trovarne uno!”
“Guarda là! C'é una casa. Possiamo chiedere se hanno un telefono!” Riccardo e Eleonora andarono verso la casa, che era molto vecchia, e dove sembrava non esserci anima viva.
“C'é nessuno?”, chiamò Eleonora. Non si udiva muovere foglia. “C'é nessunooo?”
“Chi é?”, rispose una voce molto debole. “Siamo bambini! Dobbiamo chiamare un taxi per riprendere i colori del mondo!” Uscì una vecchia dalla casa urlando: “I bambini a quest'ora dovrebbero essere a casa! Andate via!”
“Ma noi dobbiamo chiamare un taxi per andare dalla Fata della Luce!”
“Andatevene via di qui! Andate a casa!” I bambini scapparono via impauriti, perché la vecchia li rincorreva con un bastone. “Andiamocene, o questa strega ci prende!”.
E ritornarono sulla strada.
Intanto, però, un vecchio pappagallo che prestava servizio dal Mago che aveva rubato i colori del mondo, e anche i suoi, aveva sentito tutto. Così volò dal suo padrone, e gli disse:
“Padrone, ho sentito due bambini che dicevano di voler riprendere i colori del mondo!”
Il Mago, che non aveva detto a nessuno, nemmeno al pappagallo, che aveva rubato i colori, fece finta di niente: “Bambini? Colori del mondo? Che cosa stai dicendo?”
“Ho visto due bambini che vogliono andare dalla Fata della Luce!”, disse il pappagallo, che sospettava che con la storia dei colori, il suo padrone c'entrasse qualcosa. “La Fata della Luce?”, rispose il Mago, e il suo sguardo divenne pieno di odio. “Che vuoi che me ne importi? Vattene via brutto uccellaccio, che ora mi sembri un corvo, tutto nero che sei diventato!” Il pappagallo si offese molto, e, pieno di sospetti, volò sul tetto a vedere che cosa sarebbe successo. Infatti, poco dopo, vide il Mago uscire di casa in fretta e furia, che stava andando non si sa dove.
Intanto i bambini stavano camminando ormai in aperta campagna, e non c'era nemmeno una casa. “Ci sarà molto?”, chiese Eleonora. “Non lo so”
“Dobbiamo sbrigarci, o tra un'ora sarà buio!”
“Speriamo che passi qualcuno!” Infatti, strano per essere in campagna, si avvicinava un'auto tutta nera, con una scritta che sembrava fatta a mano: “TAXI”
L'auto si fermò accanto a loro. “Posso esservi utile?”
“Si, signor tassista, noi vorremmo andare al Lago! Abbiamo i soldi per pagarla, e, se ha fame, anche qualche panino!”
“Che gentili, miei cari bambini! Vi farò pagare poco, perché ormai é quasi sera! Salite pure!” In realtà il tassista era il Mago che aveva rubato i colori del mondo! I bambini salirono nel sedile posteriore dello strano taxi, ma quasi subito si accorsero che c'era qualcosa che non andava. Infatti, l'uomo che guidava girò in una strada, che non era nella direzione in cui dovevano andare. “Ma dove va? La direzione non è questa!”, disse Eleonora. “Non ti preoccupare, piccola bambina! é una strada più breve, e vedrai che in poco tempo saremo vicino alla casa della Fata della Luce!” Ma i bambini non avevano detto al tassista che volevano andare dalla fata della luce! Questo insospettì molto Eleonora, che disse in un orecchio a Riccardo: “E chi glielo ha detto a questo che vogliamo andare dalla fata della luce?” “Non lo so, io no!” “Quest'uomo non mi convince per niente! E poi stiamo andando nella direzione sbagliata!”
“Adesso glielo dico di nuovo!”, disse Riccardo a Eleonora. “Caro signor tassista, noi dobbiamo andare da un'altra parte! Dove stiamo andando?”
“Stiamo andando dalla fata della luce, e io devo mettere benzina alla mia auto!”, ribatté spazientito il guidatore. Ma l'indicatore della benzina era solo a metà, e questo mise ancor più in sospetto i bambini!
“Che cosa facciamo?”, chiese Eleonora a Riccardo in un orecchio. “Dobbiamo scendere di qui! Stai pronta! Tu chiudi gli occhi a questo bruttone e io giro le chiavi della macchina. Poi scendiamo e scappiamo!”
“Va bene!” A un gesto di Riccardo, Eleonora chiuse gli occhi al vecchio, che iniziò a urlare:
“Che cosa fai, stupida bambina?” “Il gioco del buio, brutto vecchiaccio!” “Lascia andare i miei occhi! AAhhh!!!!” Riccardo si era messo in piedi sul sedile, e aveva girato le chiavi dell'auto, spegnendo così il motore! Il Mago, terrorizzato, frenò! I bambini scesero e scapparono come saette, correndo per la strada di campagna. “Venite qua! Farabutti!”
“Stai zitto, vecchio bacucco! Non ci prendi nemmeno se ti metti i razzi!”
“Se vi prendo lo vedrete!” “Fai prima a mandare una lettera!” I bambini, correndo, fecero una curva, e incontrarono un gregge di pecore. Ci infilarono nel mezzo schivandole con molta agilità, mentre il Mago, che era vecchio, non ne poteva più e aveva il cuore che scoppiava. Inoltre, non potendo diventare paonazzo nel viso, diventò nero come uno zulù! Alla fine, inciampò sulle pecore, e cadde su una di loro come un sasso!… PATAPANF!
“Chi ha messo qui queste bestiacce?”, inveì il Mago! “Stia attento a come parla, lei! E poi si lavi il viso!”, gli disse molto arrabbiato il pastore. “Non mi parli così“! Io sono un Mago diplomato!” “Io le do un sacco di legnate, se non la smette di cascare sulle mie pecore! Se vuole fare il salto a ostacoli vada allo stadio!”
I bambini intanto erano scappati, e ridevano di quella scena, mentre il montone, che era molto arrabbiato, iniziò a guardare il Mago in malo modo, e pensava di punirlo perché dava fastidio a tutte le sue pecore. “E tu cosa hai da guardare, brutto animale cornuto! Vai dal barbiere, invece di fissarmi così!”, gli disse adirato il mago. A quelle parole il montone diventò più nero della notte, prese la rincorsa, e dette al Mago una botta nel sedere così forte, che lo buttò a faccia in giù nel fosso vicino alla strada, che era pieno di fango.
“Ti sta bene!”, disse il pastore. ”Ora invece di un mago sembri una torta di mele marce!”
Il mago era veramente furioso, ma ormai i bambini erano fuggiti. “Hai sentito Riccardo? Quello era un Mago ! Un Mago delle mele marce, se non ho capito male!”
“Ma come fa un Mago a essere un Mago delle mele marce! Sarà un Mago delle
mele mature!” “No! No! Ho capito bene! Era il Mago delle mele marce, delle corna dal
barbiere e del diploma ma lei chi si crede di essere!”
“Chiunque esso sia stato, forse non voleva farci arrivare dalla fata della luce! Perché poi? Forse, se é un mago, é stato lui a rubare i colori del mondo!” “Chissà, a vedere dal taxi che aveva, forse ha rubato i colori per venderli, e comprare un'automobile più bella. Con quella non può uscire nemmeno con la strega dell'orrore! Accidenti quanto era brutta!” “Forse ancora non glieli hanno pagati! Aspetta ancora la prima rata!” “Lasciamo perdere questi discorsi, é già quasi buio, non sappiamo dove siamo, e dobbiamo ritrovare la strada!”
In quel momento passava un carro pieno di fieno e di grano, trainato da due cavalli che sembravano dormire, da quanto andavano piano. Chi invece dormiva veramente, o quasi, era il vecchio uomo che guidava, o che doveva farlo. I bambini, che adesso erano diffidenti, lo guardavano in silenzio, mentre si avvicinava, per il timore che potesse trattarsi di un altro tranello. “Che cosa facciamo?”, disse Eleonora. “Aspettiamo! Potrebbe essere un altro trucco!” “Ma non è il vecchio di prima! Diciamogli qualcosa!” “Aspetta! Magari è un altro mago! Forse il mago di prima non era solo, forse sono un consorzio!” Ma il vecchio del carro non dava segni di essere cattivo, e i bambini erano ora molto stanchi. Così, quando il carro passò vicino a loro, Eleonora gli disse: “Buonasera nonno, dove vai?” Il vecchio, che stava proprio dormendo e che non li aveva visti, sobbalzò sul posto di guida. “Ah!...chi è?”
“Siamo Riccardo e Eleonora, e dobbiamo andare dalla fata della luce a riprendere i colori del mondo!” “Che cosa ci fate a quest'ora in questa strada? La Fata della Luce abita molto lontano da qui!” “Non è colpa nostra, caro nonno! Il Mago della marmellata cornuta ci voleva rapire, e ci ha salvato il pastore con il diploma!”
“Va bene, ma non potete restare qui! Salite sul carro! Vi porterò a casa mia, dove potrete dormire e mangiare, e domani andrete dalla Fata della Luce!” I bambini, che si fidarono subito delle parole del vecchio nonno, salirono sul carro, e si sdraiarono sul fieno e sul grano, che se ci fossero stati ancora i colori, sarebbe stato bellissimo. Il nonno iniziò a raccontare: “Io ho due nipoti come voi. O meglio, quasi come voi, perchè uno ha i capelli biondi biondi, o almeno li aveva, e l'altra ha le trecce lunghe più di un metro. Sono molto belli, ma spesso mi fanno arrabbiare! Pensate che l'altro giorno, quando siamo andati a comprare il gelato..... ”Intanto i bambini, alle parole della storia del nonno, lentamente, si addormentarono. Sognando un mondo pieno di colori.
La mattina dopo, si svegliarono nella casa del nonno. Un buon odore di caffè era per tutta la casa. La signora del nonno, la nonna, mentre brontolava un po', stava preparando una grande colazione per i bambini. “Ma che stai dicendo! Possibile che i due bambini siano scappati dal mago delle corna marce, che voleva prendere il diploma di pastore, studiando mentre guidava un taxi? Non avrai mica bevuto sul carro, ieri sera!” “Ma no! Ti dico che erano fuggiti, e forse vogliono andare dalla fata della luce, perchè il Mago non ci vede bene nel taxi perchè è tutto nero!” “Stai dicendo delle grandi bugie, caro il mio nonno! Vai a svegliare i bambini, piuttosto! Altrimenti faranno tardi per andare dalla fata!”
Il nonno salì lentamente le scale, e svegliò i bambini.
“Buongiorno, miei cari bambini, come avete dormito?”
“Benissimo!”, rispose Eleonora. “Lei è un nonno molto buono! Lo diremo a tutti i nipotini che incontreremo!” “Siete molto gentili, ma adesso venite a fare colazione! Devo dirvi come andare dalla fata della luce!” “Si! Bravo nonno! Ci devi mettere al sicuro dal Mago del taxi, che voleva fare il formaggio con il diploma delle corna del montone di marmellata!”
“Certamente!” Entrarono in cucina, e la nonna li accolse con un bellissimo caffè e latte, un milione di biscotti, e una vera marmellata. “Ecco i piccoli viaggiatori!”
“Buongiorno bellissima nonna! Come state?” “Molto bene, grazie! Come mai dovete andare dalla fata della luce?” “Per riprendere i colori del mondo! Siamo sicuri che la fata si annoia molto senza colori, e forse lei si era preparata prima, nella possibilità che qualcuno li rubasse!” “Questo è molto intelligente!”, disse la nonna. ”E pensate che a rubare i colori del mondo sia stato il Mago dei montoni diplomati?” “Forse una gita di pastori travestiti da Maghi ha progettato tutto questo, per fermare il traffico ai semafori! Comunque sia, i bambini della città e della campagna, e anche altra gente, sono molto tristi! E noi rivogliamo i nostri colori, che ci spettano di diritto!”
“Bene, cari bambini, adesso vi spetta una colazione! Mangiate!”